ΤΑ ΚΕΛΛΙΑ ΤΗΣ ΤΗΝΟΥ

ΤΑ ΚΕΛΛΙΑ ΤΗΣ ΤΗΝΟΥ
Και στα Κελλιά με χρώματα άσπρα και ήλιο μεθούν

giovedì 26 maggio 2016

Intervento di Antonio Matacena, V A - Liceo Umberto di Napoli, al dibatitto tenutosi nell'Aula Magna dell'Accademia di Belle Arti per la “Prima Giornata Mondiale della Lingua e della Cultura Greca” Napoli 20 maggio 2016







"Non sono mai stato in Grecia.

Spesso provo ad immaginarla, con le sue coste frastagliate e gli imponenti monti, teatro della classicità che ogni giorno affronto tra i banchi di scuola. Ma i nostri banchi, le nostre aule e le stesse pagine che ci parlano della raffinata patria della cultura Occidentale sono, di fatto, troppo lontane dal tempo che oggi sconvolge il paese.
Oggi la culla della formazione e partecipazione politica che fu d’Antifonte, o dell’emancipata filosofia dell’homomensura, o di altri innumerevoli meriti appare isolata, passivamente, da “Mura” insuperabili, come descrive Kavafis in una celebre lirica.

Ho scelto il liceo classico forse per passione, forse per antipatia verso la matematica. Ma ad ogni modo, torna utile rammentare delle cifre emblematiche per l’attualità greca.

Se una tassa sul reddito del 29% e un ulteriore aumento del 20% sui contributi sociali non bastano, se l’odiata “enfia”, tassa immobiliare, ancora non rende un’idea nemmeno se accorpata alle riforme dell’8 maggio 2016 per sbloccare un piano di salvataggio europeo di vecchia data, se persino l’esorbitante debito interno che supera i 200 miliardi è accompagnato da uno estero di oltre 300 miliardi, se tutto ciò sembra in qualche modo astratto o non del tutto comprensibile, basti pensare che la Germania, nel primo dopoguerra, si ritrovò debitrice di 132 miliardi di marchi in oro, notevolmente ridotti dagli accordi presi a Londra nel ’53.  
Una cifra nettamente inferiore, eppure alla Grecia non è stato necessario intraprendere in prima persona una Guerra Mondiale.
Gli organi incaricati di gestire la crisi della nazione ellenica sono la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea, il Meccanismo Europeo di stabilità e fondo monetario internazionale… l’aggettivo Europeo torna di frequente: ma a chi l’Europa deve il proprio nome?

Eccomi tornato sulle idealizzate coste Greche, dove posso scorgere una fanciulla avvicinata da un bellissimo toro bianco. Dietro le fattezze della possente bestia si cela Zeus, infatuato della giovane e bellissima ragazza il cui volto è visibile in controluce su qualunque banconota della nostra filigrana europea: ella si chiama, appunto, Europa, la “ben irrigata” o “dall’ampio sguardo”.

E subirà le voglie del Dio, e il padre Agenore manderà i fratelli a cercarla, e quelli a loro volta fonderanno nobili stirpi, senza mai ritrovarla. 
E allora, probabilmente, tocca a noi ritrovare la perduta Europa, e la sua identità, che è anche quella di tutti noi, figli della classicità. 

E il luogo più adatto dove ricominciare questa ricerca è proprio il Liceo Classico, scommessa dei tempi odierni improntati ad una crescente logica pragmatica e alla meccanicizzazione della società. Dunque non è più sufficiente considerare il Classico secondo il luogo comune che lo definisce sede dell’apertura mentale, bensì bisogna ricostruirlo partendo, possibilmente da un’apertura al dialogo tra la figura del docente e il corpo studentesco, dal momento che, in primis, è questa fondamentale impostazione a mancare. 

Non mancano i dibattiti più tecnici come quello intrapreso da Bettini circa l’assetto da restituire all’esame di traduzione per la maturità classica, che non rende perfettamente una contestualizzazione della versione, ma l’elemento centrale che si evince è l’effettiva consapevolezza della classicità che lo studente riesce ad assumere dopo 5 anni di formazione, che oggigiorno non è perfettamente formata né matura. Urge quindi una dialettica che faccia confluire una passione sincera nei giovani classicisti, che sarebbero in tal caso anche spronati a coltivarla autonomamente, e non un’autoritaria e sterile imposizione nozionistica.

Non sono mai stato in Grecia, come dicevo prima, forse perché in questi tristi anni 2000 dicono che sia “pericoloso”, che si respiri, più che un clima di crisi, di profonda sfiducia.

Ma è proprio mentre l’Europa dimentica Schengen, che siamo chiamati tutti, in prima persona, a rispondere al grido d’aiuto della bella fanciulla “dall’ampio sguardo”. 
Personalmente ritengo che l’iniziativa per cui ci riuniamo oggi sia di gran significato, e la proposta che vuole fiorire è ancor più nobile: restituire riconoscenza alle lingue classiche, identificandole come patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. 
È un ottimo punto di partenza per rispecchiare una necessità identitaria Mediterranea, Europea ed Occidentale e che sosteniamo in un secolo caratterizzato dalle dinamiche dei flussi migratori come stessimo “Aspettando i barbari”; barbari che probabilmente, per citare ancora Kavafis, erano una soluzione. Una soluzione per avvicinarci alla reale comprensione delle origini della nostra identità, che affondano le radici tra il mar Egeo e Ionio, dai litorali del Peloponneso fino alle insenature della Magna Grecia, in un’antica nazione in cui non sono mai stato, ma che oggi, in questa circostanza, posso sentire più vicina".



Νενικήκαμεν (Nenikèkamen) : "Abbiamo vinto"! 

(Fu il grido di Fidippide per annunciare la vittoria dei Greci sui Persiani nella battaglia di Maratona, 490 a. C.)

Non mi illudo certo che la battaglia per la Resistenza della Cultura Classica come un organismo in continuo divenire, come ponte sul futuro, come dialogo aperto tra antico e presente, sia già vinta o sia vicina all'essere vinta, come il perfetto risultativo con cui ho esordito indicherebbe. Da un lato i decisori politici intendono decretarne la fine ritenendola inutile, sorpassata e addirittura nociva, perché insegna a pensare criticamente, a generare intelligenza profonda della realtà e a usare il LOGOS (pensiero e parola). E allora basta sconquassarne l'impianto senza proporre valide alternative di vera riforma, basta cancellare la prova di traduzione dal greco e dal latino per rimpiazzarla con "quizzoni" e con un'infarinatura di cultura e civiltà, come si fa per le lingue straniere alle scuole medie. Basta dare il contentino. Senza rinunciare alla "Facilità" o all'"Aiutino", divinità incantatrici e ingannatrici. Dall'altro lato è paradossalmente proprio all'interno dei licei classici che comincia la (in)sofferenza della Classicità. Comincia quando la si vuole imbalsamare e presentare come un fossile da preservare perché "pezzo da museo", quando la si vuole idealizzare come qualcosa di distante e irraggiungibile, come un titolo di vanto, un blasone di nobiltà, un linguaggio per pochi eletti "unti del Signore". Quando, considerando come fine il raggiungimento di un sapere tecnico, la si riduce a spiriti aspri e dolci, declinazioni, classi verbali, e tutto ciò che la rende, agli occhi di giovani, potenzialmente avidi di conoscenza e di sapere, arido e vecchio ciarpame. O peggio, quando la si tormenta con false e fuorvianti quanto irritanti attualizzazioni e banalizzazioni. 

Ma sicuramente l'aver visto sfilare tanti giovani studenti dei Licei Classici della Campania, venerdì 20 maggio scorso, nella Maratona della letteratura greca, nella splendida Basilica di San Giovanni Maggiore, sorta, ci piace crederlo, sul mitico sepolcro della Sirena Partenope, giovani appassionati e talentuosi che si sono cimentati nella non facile lettura drammatizzata, in lingua originale e in traduzione, di testi di autori greci antichi e moderni, ebbene, questo sì che mi fa gridare con gioia: "Abbiamo vinto!" 


ANGELA IANNUZZI, Liceo Umberto I, Napoli

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