Dalla regione di Mani all'Isola 250 anni fa, ora il viaggio a ritroso
UNIONE SARDA, Sabato 07 maggio 2011
Dal nostro inviato
Lorenzo Paolini
MONTRESTA Un buco nero. Spariti, dissolti, cancellati. C'è un giallo da risolvere sulle colline più belle del mondo, nascosto sotto un tappeto di ginestre in fiore. Fondatori cercansi, i greci andati via da Mani, quelli che intorno al 1750 mettono la prima pietra di Montresta. Sono esuli, fuggiti dal giogo turco, passati per la Corsica e poi di nuovo raminghi. Le campagne alle spalle di Bosa sembrano perfette al re Carlo Emanuele III. Due piccioni con un solo, desolatissimo, luogo: si dà ospitalità a una colonia di oltre 150 persone guidata da famiglie nobilissime (Stefanopoli Comnemo, aristocrazia vera) garantendosi eterna riconoscenza e si rende un po' meno selvaggio e disabitato questo scorcio di Sardegna. Benvenuto al nuovo paese greco-sardo. Qualche dato obiettivo cambia però un po' i fatti: adesso siamo nel 1836, una manciata di anni dopo l'insediamento della colonia originaria del Peloponneso nell'Isola. Il generale Alberto La Marmora visita Montresta, c'è ampia documentazione. I greci? Spariti praticamente tutti. C'è solo una vedova e il sindaco (Passerò, il cognome attecchisce nella zona, deriva da Psaros). Due su oltre centocinquanta. E gli altri? Gli atti ritrovati nell'archivio della parrocchia qualcosa la svelano, accanto a tanti la definizione mortu de corpu de balla significa che lo sfortunato non è passato serenamente a miglior vita durante il sonno. «Ma non basta, c'è ancora tanto da spiegare, lo dobbiamo alle nostre origini. Io spero che lo storico Stefano Pira, che sta lavorando sul caso Montresta, ci aiuti a scoprire la verità».
PAROLA DI SINDACO Antonio Zedda ha il piglio giusto di quei primi cittadini che difendono con le unghie i loro avamposti democratici. Cinquantatre anni a luglio, laureato in Sociologia a Urbino, ispettore sanitario alla Asl di Oristano, è al secondo mandato e tenta di salvare i suoi 559 abitanti. Il paese era grande il triplo, meno di quarant'anni fa, e la flessione mantiene un ritmo andante con brio. «Non puoi fare nient'altro che appigliarti alla cultura. È quella che sposta gli orizzonti, che può rappresentare la scusa per un giovane per fermarsi qui o per un turista per venirci a trovare. Altrimenti…». Sottinteso: si chiude baracca e burattini e i microcomuni si estinguono per consunzione. Per attirare la gente, bisogna riconoscerglielo, gli amministratori degli ultimi anni non si sono risparmiati. D'estate mettono su uno dei festival di teatro più importanti, si riaprono decine di case altrimenti sprangate, c'è un bell'ambiente internazionale. Due volte l'anno c'è la kermesse degli innestatori, arrivano da tutta la Sardegna e a valle del paese c'è un terreno dove fruttificano più di mille piante di pere recuperate fra gli esemplari della tradizione (pera bianca e acidula dei pastori in testa). E poi ovviamente si punta sui giganti dei cieli, i grifoni. Vicino a una casa cantoniera, c'è uno dei carnai prediletti dagli avvoltoi di stanza nella costa fra Alghero e Bosa. E in paese il Museo naturalistico è già una realtà. Figurarsi l'idea di origine speciali e un po' misteriose da ripercorrere con curiosità. Un richiamo appetitoso per i viandanti della cultura, oltre che la necessità di rivendicare le origini.
E ARRIVÒ NOSTOS Hanno scelto il nome greco, per entrare direttamente in tema. Il ritorno, roba da niente. Quello dei sardi - discendenti alla generazione enne - alle origini elleniche. E quello dei greci verso la terrà che ospitò parte della diaspora. E sono coinvolti pure i corsi, terzo angolo (il paese è Cargese) di un itinerario che attraversa da parte a parte il Mediterraneo. L'iniziativa, in men che non si dica, era organizzata. Hanno iniziato gli abitanti della regione ellenica più fiera, poi un mese fa ad andare in trasferta sono stati i sardi. Per quest'estate si preannuncia il colpo grosso: in barca a vela dalla rada di Itilo, passando per Corfù fino a Sardegna e alla Corsica, ripercorrendo solo con l'aiuto dei venti la strada dei padri. Per gli appassionati, il viaggio si potrà seguire e comentare su Internet.
INCONTRI FORTUNATI Lui si chiama Jannis Korinthios, è il segretario della Federazione delle comunità elleniche in Italia, insegna all'università della Calabria e ha scritto di recente il dizionario di greco ALFOMEGA. Sempre stato legato all'Isola per questioni di cuore, è la vera chiave per questa caccia al tesoro fra alberi genealogici dimenticati. «L'idea ci frullava in testa da un po' - racconta Zedda - perché dobbiamo dimenticare la nostra storia? Poi il caso ha voluto che siamo entrati in contatto con Korinthios, un'insegnante originaria di Montresta era collega della sua compagna». Misteriosi incroci su Internet, bacheche di Facebook: il viaggio ha inizio. E siccome anche i nomi hanno un senso, è il territorio a regalare l'idea giusta. «A Ghilarza è in corso da tempo un progetto fantastico grazie soprattutto a Stefano Giaccone, un cantautore del giro underground torinese che si è trasferito in Sardegna. Si chiama Nostos come ritorno alla vita sociale, è articolato in concerti, letture di Antonio Gramsci e occasioni conviviali». Visto e preso in prestito.
PRIMO APPROCCIO A questo punto a tutti i montrestini erano di nuovo chiare le origini, quel gruppo di greci che 250 anni fa costruì il paese delle origini. Epperò lo spirito che aleggia a Carloforte o ad Alghero, la conservazione gelosa e fiera della propria identità diversa fra uguali, non aveva mai soffiato in questa fetta di Planargia. Morale: si rimettono tutti a studiare quel che, di scritto, c'è sull'argomento. Si fanno domande. «Il paese era nato con grandi ambizioni, si vede dalla pianta urbanistica. Pare che l'accordo fosse quello di far arrivare dalla Grecia almeno cinquecento famiglie. Non ho competenze specifiche ma ancora oggi, se guardo la cupola della chiesa, mi pare di vedere proporzioni che non sono sarde. La lingua degli avi? Niente, non è rimasto nulla». Gianmario Marica, presidente della Pro loco, veste il ruolo dell'esploratore. È il primo a partire per il Peloponneso, dito medio, la terra di Sparta per intenderci. «È stato il suo racconto a farci infervorare. Cammini per Itilo e dici: c'è qualcosa che mi appartiene. Scorci familiari, colori, chissà». Le migliaia di fotografie raccontano una terra aspra, tracce scarsissime di presenza umana, scorci di mare pazzeschi, alberi da frutta, asini. Sardegna, praticamente.
I CONTATTI Korinthios si fa mediatore con la Grecia dove i politici di casa esultano. Anche loro vorrebbero riscrivere quel pezzo di storia che manca, vorrebbero sapere cosa successe ai fratelli dispersi nella nebbia. «Noi - racconta Zedda - qualche ipotesi la facciamo ma aspettiamo che sia la ricerca storica a confortarci. Sappiamo che i bosani non era contenti affatto di questa colonia straniera che si insediava in campagne che loro consideravano, fino a quel momento di proprietà. C'è stato anche un giudizio davanti al Tribunale di Cagliari, di questo c'è la prova. E sappiamo anche che alla chiesa cattolica, questa colonia ortodossa in casa andava giù a fatica. Ci sono tracce di una sorta di faida che purtroppo aveva accompagnato i greci anche prima in Corsica. Poi il nulla, di colpo spariscono le tracce, la lingua. Tutto». Fattostà che a luglio dello scorso anno una nutrita delegazione ellenica sbarca a Montresta durante il festival del teatro. Festa grande, commozione, su Youtube c'è qualche centinaio di filmati a documentare l'evento.
PRIMO TOUR Un mese fa è la Sardegna a ricambiare la cortesia. «Ci hanno invitato per le giornate dedicate all'indipendenza, ogni angolo è dedicato al loro patriota Petros Mavromichalis». Una sorta di pellegrinaggio laico per una delegazione composta da una rappresentanza ponderata di tutto il paese. «Eravamo 35 persone, maggioranza e opposizione, uomini e donne, giovani e vecchi. Credo di poterlo dire senza timore di smentita: per tutti è stata una rivelazione». Montresta la greca, una specialità antica eppure nuovissima. Le immagini raccontano di un'accoglienza da capi di Stato, discorsi ufficiali, canti e balli. E su Facebook fa bella mostra il dizionarietto da viaggio creato per l'occasione ad uso dei sardi che impattavano con il greco. Ephkharisto , come dire grazie. Alla storia ritrovata.