Pubblico integralmente e autonomamente l'opinione di un fiero classicista, quasi laureando in medicina, espressa nell'ambito del dibattito sollevato da questo blog sull'utilità delle lingue classiche (26 febbraio 2017)
Si veda http://kellianos.blogspot.it/2016/02/massimo-gramellini-latino-e-greco-sono.html
A mio avviso (fiero classicista, lo ammetto, ma attualmente quasi-laureando in medicina), latino e greco restano discipline OTTIME da insegnare nelle scuole. E questo non perché facciano ragionare PIU' della matematica, o siano lingue più difficili o più utili del cinese o del russo, o perché abbiano una chissà quale utilità nel mondo contemporaneo (ormai esistono numerose traduzioni per qualsivoglia testo latino o greco che un uomo d'oggi potrebbe mai voler leggere). Ma restano ottime discipline perché AIUTANO, COLTIVANO, tutto ciò e fanno anche un po' di più:
- Sono sicuramente un allenamento di LOGICA e soprattutto di METODO (se insegnate bene). Due elementi indispensabili. Presenti anche nella matematica o nei problemi di fisica, certo, ma perché limitarci a studiare un solo tipo di approccio alle cose? Perché non insegnare ai futuri cittadini (non tutti futuri scienziati, eh) che ci può essere un approccio scientifico anche nelle lingue e soprattutto nelle lingue letterarie "morte"?
Anzitutto mi preme ricordarvi che tradurre una versione di latino (come scrisse una volta Dario Antiseri) ha un approccio sicuramente più "di logica applicata" rispetto a imparare una pagina di biologia o di scienze della terra, che, per quanto "scientifiche" vengono sistematicamente studiate spesso come una pagina di storia o di letteratura, senza che lo studente debba fare eccessive osservazioni, poi ipotesi e poi verifiche delle ipotesi (al contrario di una versione di latino). Similmente, al contrario delle altre lingue, che sono principalmente studiate nel contesto del parlato e raramente si fanno lunghi studi intensivi di traduzioni di testi letterari anche lontani dal nostro modo di pensare e di vivere, le lingue classiche basano l'intero loro studio sull'interpretazione di testi NON scritti per "imparare a fare quattro chiacchiere al bar", ma di testi spesso MOLTO complessi, MOLTO elaborati di storiografia, filosofia, politica e così via. (Giusto per chiarire: non che questi testi non esistano anche in altre lingue, ma in genere, da quel che ho potuto vedere, è raro che un corso di cinese si basi sul leggere Sun Tsu, anche perché le lingue moderne hanno il "fardello" in più che è quello di imparare a parlarle ad alta voce, e di tradurre non solo, per esempio, dal cinese all'italiano, ma anche dall'italiano al cinese. Insomma, le lingue moderne sono studiate ed insegnate con approcci ENORMEMENTE diversi dalle lingue classiche, quindi è davvero sciocco continuare a paragonarle ritenendo le seconde semplicemente versioni "più inutili" delle lingue moderne.
- Le lingue classiche "allenano" sicuramente la memoria. Che NON è una cosa da biasimare affatto. Ricordo quasi con nausea i pomeriggi passati ad imparare i paradigmi di qualsiasi verbo che si trovasse nel brano di Tucidide che avevamo da tradurre, ma è stata una tipologia di studio che mi è servito "conoscere" già, perché all'università avrei dovuto passare simili pomeriggi a imparare a memoria muscoli, ossa, vasi, nervi e quant'altro e avere già "abitudine" a queste cose, mi è stato utile (e del resto non potevo lamentarmi dell'anatomia dicendo che "tanto non serve a nulla, è una materia morta"). Anche questa non è una cosa che fanno solo le lingue classiche, ma ciò non toglie che sia un loro pregio, a prescindere di quali altri materie scolastiche abbiano questo "focus" sulla memorizzazione di concetti da applicare poi.
- Le lingue classiche hanno anche lo sfaccettato vantaggio di costringere lo studente a sforzarsi notevolmente per entrare nella mentalità di persone spesso culturalmente molto diverse dai suoi contemporanei più vicino (e in questo senso lo fa come studiare una lingue africana o orientale, anzi forse queste ultime lo fanno anche meglio), ma in più deve affrontare anche una distanza temporale che lo separa sempre dallo scrivente (e già questa è una cosa che poche altre lingue permettono di fare, avendo raramente la stessa quantità di fonti letterarie latine e greche che ci sono pervenute fino al giorno d'oggi).
- In aggiunta al punto precedente, lo studente di materie classiche, però, nel fare questo sforzo, a volte anche notevole, di calarsi in altri tempi e luoghi, può e deve riconoscere in questi tempi e luoghi i SUOI STESSI tempi e luoghi. Perché non sta semplicemente studiando una lingua semi-dimenticata dell'Africa subsahariana, ma sta studiando la lingua che ha formato la SUA STESSA civiltà. Questo vale praticamente per tutto il mondo occidentale, ma vale ancora di più per l'Italia: la nostra lingua, le nostre leggi e istituzioni, i nostri costumi, le nostre abitudini, la nostra storia e cultura TUTTA ha basi classiche, latine e greche, che definiscono la nostra identità culturale. E limitare lo studio di questo immenso patrimonio a 1 anno di storia alle superiori, o a vaghi cenni alla letteratura latina e greca durante il programma di italiano non necessariamente è il meglio che si possa fare.
- Le lingue classiche sono dunque "utili" perché permettono di accedere in modo privilegiato alla nostra eredità storica e culturale, ma ha anche delle utilità pratiche, in effetti: ho sperimentato su me stesso quanto conoscere le radici etimologiche di certe parole tecniche mediche mi abbia permesso di "capire" prima e ricordare meglio in cosa consistessero un osteoclasta, un blastomero, una trasmissione diaginica o un'ipotrofia. Le lingue classiche non sono assolutamente indispensabili per capire questi concetti, ma - almeno me - hanno aiutato. Ma il latino resta fondamentale in moltissime espressione che si usano quotidianamente in italiano (ed evitare di scrivere "è una cosa fatta a DOC", capire cosa voglia dire l'amico che parla di un "qui pro quo", o comprendere perché dire "più ulteriore" ci suona così male già dovrebbero bastare per testimoniare l'utilità di conoscere almeno rudimenti di queste lingue). In alcuni campi, come quello giuridico o ecclesiastico (senza citare ovviamente gli studi storici e filologici), il latino è poi lingua VIVISSIMA, e ad un avvocato (parlando esclusivamente di "utilità", che per molti pare essere divenuto l'unico metro di giudizio delle materie scolastiche) giova sicuramente di più conoscere il latino che la trigonometria.
Insomma, le lingue classiche, a mio avviso, dovrebbero continuare ad avere un posto nella nostra istruzione superiore perché hanno delle qualità innegabili: alcune le condividono con altre materie scolastiche (come la capacità di sviluppare competenze logiche - cosa condivisa con la matematica e altre materie scientifiche applicative - e linguistico-interpretative - cosa che condivide con le altre lingue -), altre invece sono solo loro proprie (la possibilità di accedere direttamente al patrimonio letterario, storico e culturale dell'antichità classica è sicuramente la principale, ma queste lingue aiutano senz'altro anche lo sviluppo di altre competenze linguistiche).
Poi una nota sulla spendibilità lavorativa: qui nessuno sta dicendo che il latino e il greco permettano un ingresso "più facile" nel mondo del lavoro, qui si sta parlando della formazione di studenti che nel 90% dei casi prosegue gli studi all'università. E spesso gli studi che faranno all'università NON sono latino e greco. Sarà compito dell'università dare a questi studenti gli strumenti per entrare nel mondo lavorativo. E succede spesso la stessa cosa nei licei scientifici. Chi sceglie un liceo, in genere, lo fa perché sa che vorrà continuare la sua istruzione universitaria dopo la scuola secondaria di secondo grado. E se i nostri licei formano studenti con scarse capacità scientifiche o linguistiche (io aggiungo pure che secondo me è indecorosa anche l'assoluta assenza dell'informatica, del diritto e dell'economia, oltre che un'educazione "civica", sessuale e sanitaria almeno basilare in moltissime scuole secondarie italiane), non diamo la colpa al latino e al greco.
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