ΤΑ ΚΕΛΛΙΑ ΤΗΣ ΤΗΝΟΥ

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martedì 24 aprile 2018

Il digitale è un alfabeto, una competenza vitale e trasversale nel quotidiano, come la scrittura.

Il digitale è ormai diventato una competenza di base, come la scrittura

di Giulio Xhaët * Digital Strategist e Senior Consultant, Newton Management Innovation

19 dicembre 2017

Il digitale ci riguarda tutti. 
Le competenze digitali sono oggi un alfabeto senza il quale diventa sempre più difficile trovare o mantenere un lavoro. 
Ciò non significa che dobbiamo trasformarci tutti in valenti sviluppatori informatici, né analisti capaci di gestire dati e strategie di comunicazione online. Vuol dire che ciascuno di noi dovrebbe muoversi con disinvoltura tra le competenze digitali di base. 
Facciamo un passo indietro. La classica suddivisione delle competenze vede contrapposte le cosiddette hard e soft skill. Le prime sono necessarie per svolgere una specifica professione e denotano conoscenze approfondite e abilità tecniche. Le seconde sono trasversali e trasferibili da un’attività all’altra: la creatività, la capacità di lavorare in team, l’abilità nel risolvere problemi o prendere decisioni, ad esempio.
Spesso, durante lo sviluppo di progetti di trasformazione digitale, i manager mi domandano: «Ma queste digital skill, le competenze digitali, sono hard o soft?». La risposta più ovvia è: «dipende dalla competenza digitale in questione e dalla tua professione». In realtà molte capacità digitali non sono né hard né soft. Sono competenze di base. Nell’ultimo secolo, tali competenze sono state raggruppate in una triade: leggere, scrivere, fare di conto. Un aspetto interessante delle competenze di base è che cambiano al variare del contesto del mondo. Una competenza può emergere come utile solo a una nicchia, per poi diventare trasversale, e infine dimostrarsi imprescindibile per chiunque.

Pensiamo alla scrittura. Un tempo era una hard skill: gli scribi mesopotamici, egiziani ed ebrei la custodivano come una complessa capacità tecnica, sconosciuta ai più, e costituivano un’élite intellettuale ben retribuita. Anche gli amanuensi del Medio Evo rappresentavano, per i canoni dell’epoca, una classe agiata di professionisti.

Con il passare del tempo, la scrittura divenne una competenza trasversale: sempre più persone ne appresero i rudimenti per poterli applicare in diverse attività. Anche se cambiavi lavoro, la capacità di scrivere rimaneva un supporto utile. Detto altrimenti, aveva guadagnato un’alta trasferibilità, divenendo una soft skill. Come l’intelligenza emotiva, il pensiero critico e il teamworking. 
La scrittura però andò oltre: divenne una competenza vitale nel quotidiano, una competenza di base. Le competenze di base non sono tali perché semplici da assimilare, ma vengono insegnate durante l’infanzia perché è il periodo della vita in cui è più facile imparare. Scrivere in modo fluido è una capacità che non si apprende da un giorno all’altro, per un analfabeta adulto può richiedere anni di studio.
Le competenze di base, inoltre, possono essere sviluppate in verticale, generando numerose professionalità: un copywriter è colui che scrive in modo efficace per comunicare e promuovere; un linguista acquisisce una consapevolezza formale per analizzare origini, mutazioni e scenari evolutivi di una lingua; un romanziere utilizza la scrittura per costruire storie in grado di emozionare e far riflettere, mentre un giornalista per raccontare in modo chiaro e preciso gli accadimenti nel mondo. La scrittura oggi, però, non basta ad assicurarmi un lavoro, e non mi offre neanche un forte valore aggiunto come soft skill. È data per scontata, un punto di partenza che non si può non possedere.

Le competenze digitali stanno percorrendo un percorso simile alla scrittura. Partite come hard per un’avanguardia di tecnici, hanno sviluppato un’alta trasferibilità diventando soft e, oggi, in gran parte stanno diventando competenze di base. 
I bambini in questi anni sono immersi nel digitale semplicemente perché immersi nel mondo. La scuola dovrebbe insegnare loro i rudimenti delle abilità e della maturità digitale per lo stesso motivo per cui si impara a leggere, scrivere e contare. La prossima frontiera sarà l’acquisizione trasversale di competenze di programmazione, il coding. 
Le scuole di coding per bambini stanno germogliando ovunque e non è solo una moda. Sporcarsi le mani con i principi della programmazione va ben oltre lo sviluppo di un sito o un’applicazione. 

Il coding aiuta ad approcciare i problemi in modo diverso: sviluppa nuovi modelli di creatività. 
Le basi del coding potrebbero effettuare molto presto un passaggio da hard skill a soft skill, e chiudere poi il cerchio come competenze di base.
Lancio un consiglio spassionato ai manager che vogliono comprendere la trasformazione e le competenze digitali. Anche se non intendete diventare sviluppatori o marketer digitali, prendete il toro per le corna: iscrivetevi a un corso di coding. Non è semplice come farlo da bambini ma, per hackerare la resistenza al cambiamento, è uno dei migliori modi possibili.

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