- Angela Iolanda
E' possibile immaginare una Ue senza Grecia? Che cosa vuol dire per l’Europa rinunciare alla presenza, tra i suoi partner, di Atene? Sono interrogativi che, in queste ore, rimbalzano in tutte le capitali del continente, ma che a Napoli hanno un peso forse maggiore. Quando si dice “Napoli greca” alludendo alle origini ellenistiche della città - riconoscibilissime tuttora nel suo impianto urbanistico e nella struttura della sua lingua - non si è infatti detto ancora nulla. Anzi, rischia di essere fuorviante. Quella dei rapporti tra Napoli e la Grecia è una trama che percorre tra alti e bassi l’intera storia della città, e arriva fino a oggi; e che anzi, proprio in quesi ultimi anni, sembra affievolirsi, spiega Yannis Korinthios, docente all’Università di Cosenza e presidente della Federazione delle Comunità greche in Italia (dopo aver fondato e presieduto per 20 anni la Comunità ellenica di Napoli e della Campania). Una storia, ricorda ancora Korinthios, che si intensifica in misura esponenziale a partire dal ‘500, allorché oltre cinquemila uomini d’arme greci, su invito del viceré Pedro di Toledo, si trasferiscono a Napoli dando vita al primo cospicuo nucleo della comunità ellenica in città. Quella comunità finirà per intrecciarsi in maniera così fitta con il tessuto urbano napoletano che, a distanza di secoli, risulta difficile rintracciare i fili di storie familiari e d’impresa di sicura provenienza ellenistica, sebbene abbia lasciato tracce di grande rilievo storico, artistico, religioso e imprenditoriale. E oggi? Quanti sono i greci stabilmente insediati a Napoli e in Campania? E in quali settori sono attivi? Esiste una mappa della presenza ellenica in Campania, e delle aree produttive e culturali nelle quali essa incide? Chi sono i greci della Campania? “In maggioranza si tratta di professionisti che hanno fatto carriera in città, dopo essersi laureati in ingegneria, architettura o medicina” dice Jolanda Capriglione, ex dirigente nazionale della Cgil (di cui ha presieduto l’Ufficio per i rapporti internazionali e la Lega per i diritti dei popoli). Capriglione conosce bene quel mondo di ex studenti greci, approdati, a partire dagli anni Sessanta, a Napoli - quando la sua Università costituiva un polo di grande attrazione per i giovani del Mediterraneo - e fattisi strada nelle professioni e negli affari, soprattutto in campo armatoriale. Non è un caso che si debba a Capriglione la fondazione a Napoli, oltre 30 anni fa, dell’Associazione degli studenti greci. Docente (tra l’altro) di Estetica alla Seconda Università, l’ex sindacalista è presidente di un’associazione internazionale della poesia intitolata a Kostantino Kavafis, e ha avuto modo di seguire l’evoluzione, negli ultimi decenni, della comunità greca in Campania. Quel flusso di partenze e arrivi, impetuoso ancora negli anni Settanta, è andato via via assottigliandosi fino a spegnersi quasi del tutto all’inizio degli anni Novanta. “Colpa - spiega lei - della declinante capacità di attrazione dell’Italia. Oggi i giovani greci preferiscono rivolgersi alle Università di Paesi dove la vita costa meno, come dimostra il fortissimo calo di iscrizioni straniere negli atenei italiani negli ultimi dieci anni”. E tuttavia, conferma Paul Kyprianou, presidente della Comunità Ellenica di Napoli e Campania, resta saldissimo il rapporto con la città: tant’è che non più tardi di un mese fa è stata inaugurata, nella Sala Filangieri dell’Archivio di Stato di Napoli, una mostra documentaria, iconografica e bibliografica di eccezionale valore storico che ha per titolo, appunto, “Greci in Campania: 500 anni di storia”, curata da Jannis Korinthios. Un appuntamento che ha avuto, tra le altre conseguenze, quella di un accordo con il Comune di Napoli perché venisse restituita alla città, con la denominazione originaria, via dei Greci, la strada su cui si affaccia la Chiesa Greca, di fronte alla Questura: ed entrambe, via e chiesa, realizzate durante il vicereame spagnolo, alla metà del ‘500. Quella chiesa gentilizia fu fondata da Tommaso Paleologo, erede al trono di Bisanzio, fuggito dalla Grecia, e donata dai discendenti alla chiesa greca. Che cosa resta, dunque, di una storia che, nel corso degli ultimi duecento anni (con la parentesi negativa del fascismo) ha portato ancora, in Campania, greci affermatisi, di volta in volta, come pittori, poi come orefici e argentieri, quindi come caffettieri (sono stati gli ellenici a imporre il caffè a Napoli) e cappottari, e infine come uomini d’affari nel campo del commercio, della finanza e della navigazione? “Non molto - afferma Korithios - sebbene nella regione si contino almeno tremila famiglie greche di seconda o terza o addirittura quarta generazione”. Famiglie che tuttavia hanno lasciato un segno nella storia imprenditoriale della città e che, in parte, innervano ancora l’economia locale: come quella dei Focas: che con Giorgio, titolare di una famosa agenzia di cambio in via Depretis, ha dominato, per gran parte del secolo scorso, il mondo della borsa napoletana. O dei Tomasos, ancora oggi protagonisti di primo piano nel mondo armatoriale, con la TTT Lines (Tomasos Transport Tourism), e un cui esponente, Alexandros, amministratore delegato di Mediterranea, è il console onorario della Grecia a Napoli, come i Typaldos, i quali per oltre un secolo, a partire dall’unità d’Italia, hanno rappresentato Atene a Napoli, e la cui compagnia di navigazione greca, la Typaldos Lines, è tra i principali protagonisti mondiali dello shipping; o come i Roidi, la cui società, la Andrea H. Roidi sas svolge'attività di intermediazione con l'estero di legumi, cereali, foraggi e frutta.
http://ildenaro.it/imprese-e-mercati/168-imprese-e-mercati/29937/commercio-navi-professioni-esiste-una-campania-ellenica
Nessun commento:
Posta un commento