Nikos Kotziàs, intervista al ministro degli Esteri greco: "L'Europa si metta l'anima in pace: Syriza non è una parentesi"
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In questa intervista concessa in esclusiva all’Huffington Post Italia, il ministro degli esteri greco, Nikos Kotziàs, mette in chiaro che “il governo di Syriza non costituirà una parentesi” e che “l’Europa deve saper coesistere con una politica e una visione differenti”. I rapporti con Paolo Gentiloni, sottolinea Kotziàs, “sono molto positivi”, ed esprime un chiaro apprezzamento per il ruolo svolto dall’Italia nella dialettica di Atene con i partner europei.
Il capo della diplomazia greca ci tiene a precisare, tuttavia, che la Grecia pagherà i suoi debiti alle scadenze prefissate, ma è necessario che cambi la politica seguita sinora, per permettere all’economia ellenica di svilupparsi. In merito alle recenti polemiche, nega di aver mai minacciato l’Europa inondandola di profughi, ma di aver espresso timori che “i processi di destabilizzazione in atto possano provocare spostamenti di milioni di migranti”. Quanto ai rapporti di Atene con Mosca e con la Cina, Kotziàs mette in chiaro che anche la Grecia ha il diritto di volerli rafforzare e intensificare, così come fanno Matteo Renzi quando va in visita in Russia, o Angela Merkel quando vola fino a Pechino.
Tra pochi giorni, l’8 aprile, Alexis Tsipras sarà in visita ufficiale a Mosca. Recentemente ha dichiarato che “le sanzioni economiche verso Mosca sono una strada che non porta da nessuna parte”. Qual è l’obiettivo del governo greco, rispetto a questa visita e più in generale ai rapporti con la Russia?
"Quando in politica usiamo dei mezzi, lo scopo è portare l’altra parte al tavolo della trattativa. Non pensiamo si possano usare le sanzioni per annullare l’interlocutore o per creargli solo instabilità, perché si può anche arrivare a una situazione di caos. Le ricordo che per moltissimi anni, l’occidente muoveva l’indice a mo’ di rimprovero alla Grecia, a causa della decisione di imporre l’embargo alla Fyrom, l’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. Il primo ministro Tsipras andrà in Russia con la volontà di rafforzare la nostra collaborazione con un paese importante, rispetto alla nostra politica estera e anche al nostro commercio con l’estero. In questo momento importiamo otto volte i prodotti che esportiamo in Russia, dobbiamo quindi dare impulso ai nostri rapporti economici e commerciali e rafforzare anche le nostre intense relazioni storiche e culturali. In base, inoltre, ad un accordo firmato dal precedente governo greco, il 2016 sarà l’anno dedicato all’amicizia greco-russa e stiamo lavorando al successo dell’iniziativa.
Data la fase di trattative della Grecia con l’Eurozona, il rafforzamento dei rapporti con la Russia e la Cina può mirare all’aumento degli investimenti di Mosca e Pechino in Grecia?
Ho incontrato gli ambasciatori dei paesi dell’Unione europea e dei paesi che collaborano strettamente con l'Ue. Ho spiegato loro che trovo molto strano il fatto che quando il presidente Renzi va a Mosca o la cancelliera Merkel si reca in visita a Pechino, che quando la maggior parte dei ministri degli esteri dell’Unione visitano per motivi intergovernativi la Russia o la Cina, tutti lo ritengono normale e positivo. Ogni volta che la Grecia fa quello che è da ritenersi ovvio, cioè cercare di sviluppare i propri rapporti con i mercati emergenti – i cosiddetti paesi restanti oltre l’occidente – alcuni ambienti reagiscono come se la Grecia avesse abbandonato l’occidente, o come se volessimo colpirlo alle spalle. Ci sono degli stereotipi sbagliati riguardo a cosa fa realmente la Grecia, e ci sono alcuni potenti, in occidente, che credono che i rapporti con la Cina e la Russia debbano essere a loro esclusivo vantaggio, che i paesi più piccoli debbano rimanere a distanza. La Grecia è in rapporti di amicizia con questi paesi, con cui li unisce un forte legame culturale; con la Russia vi è anche una comune tradizione religiosa e culturale, mentre i cinesi ritengono che i greci siano il popolo a loro più vicino, dal momento che vedono quella cinese come la più importante cultura nella zona dell’Asia e quella greca per quel che concerne l’Europa. Vorrei anche ricordare che la Grecia non è mai stata un paese colonialista, non si è mai posta in modo violento verso questi paesi. Se c’è un paese che è normale che abbia dei rapporti con i paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ndr), è proprio la Grecia. Ci sono quindi degli interessi, che portano a voler creare un’immagine negativa, quando la Grecia esercita quelli che sono i diritti di ogni altro paese dell’Unione europea.
Quali sono i suoi rapporti con il suo collega italiano Paolo Gentiloni e come giudica la posizione tenuta sinora dal governo Renzi rispetto alla trattativa tra Grecia ed Eurogruppo?
Con Paolo ho dei rapporti molto positivi. È Il collega che mi siede accanto nel corso delle riunioni dei ministri degli esteri dell’Unione, ed è la persona che mi ha salutato per prima e mi ha incoraggiato sin dall’inizio. Abbiamo un rapporti di amicizia e mi è molto di aiuto. Insieme all’Italia abbiamo intrapreso una iniziativa per la salvaguardia della multireligiosità e multiculturalità in Medio Oriente - e quindi per la protezione dei cristiani - con la partecipazione di francesi, olandesi e dei ciprioti. Ci sarà anche una seconda iniziativa dopo l’estate, per la quale c’è già l’accordo anche di Italia e Cina. I rapporti tra Grecia e Italia sono buoni, esprimo il mio personale apprezzamento, perché l’Italia, in momenti delicati nel corso dei vari confronti ha giocato un ruolo positivo. Puntiamo comunque, ovviamente, ad una collaborazione sempre maggiore.
La Reuters ha trasmesso che la Grecia ha liquidità disponibile sino al 9 aprile. Il ministro greco dell’interno ha dichiarato in un’intervista che ci sarà liquidità fino a metà del mese, mentre il portavoce del governo, Sakellaridis ha fatto sapere che Atene pagherà normalmente i creditori. Quanto è delicata la situazione e come vede la trattativa con i partner europei?
Non credo che questa situazione debba essere difficile. Credo che qualcuno voglia far diventare difficile la situazione. Penso che in alcuni casi, il modo in cui ci si pone verso la Grecia, dipenda anche da intenzioni di tipo politico. L’Europa è una grande istituzione storica, e una delle sue caratteristiche è fornire sostegno alle regole del diritto e alla ricerca di compromessi. Non posso immaginare che ci possa essere qualcuno che violi le regole del diritto, che sono positive per quel che riguarda la Grecia, o che vorrà evitare un compromesso creativo e positivo come quello che stiamo ricercando. Ci sono due cose separate che qualcuno vuole però confondere: si tratta del debito e della politica. Noi diciamo “sì, pagheremo le scadenze di quanto dobbiamo, ma deve cambiare la politica per far sviluppare il paese e la sua economia”. C’è chi appena sente parlare di cambiamento della politica, dice, in modo falso, che noi non vogliamo pagare, che siamo dei fannulloni e quant'altro. Dobbiamo spiegare all'opinione pubblica dei grandi paesi membri dell’Ue che è necessario cambiare una politica che si è dimostrata fallimentare, ma che questo non vuol dire che non rispetteremo i nostri impegni. C’è chi, però, ci chiede di continuare una politica rovinosa. È come se portaste un medico a casa, vi dicesse di dare del veleno al paziente e siccome voi vi rifiutate, vi accusasse di non volerlo pagare. Si tratta di un’assurdità.
Conosce bene la Germania ed è già stato in visita a Berlino due volte. Come vede i rapporti tra Grecia e Germania? Pensa che il clima si possa realmente rasserenare?
Dobbiamo innanzitutto migliorare il clima nell'opinione pubblica dei due paesi. I tedeschi devono capire che non siamo né ladri né truffatori, per il semplice motivo che non hanno dato neanche un centesimo alla Grecia - ma hanno fornito delle garanzie - ed hanno guadagnato ottanta miliardi di euro. Mi riferisco ai 7-8 miliardi ogni anno, nella loro legge di stabilità, provenienti dalla riduzione del tasso delle loro obbligazioni, ad altrettanti guadagni dalla riduzione del tasso con cui ricevono soldi in prestito le grandi aziende, che era dall’8% al 5% ed è sceso all’1-1,5%, ai ricavi distribuiti alla Germania dalla Banca Centrale Europea da obbligazioni greche acquistate a prezzo molto conveniente sul mercato secondario. E c’è anche il più vasto beneficio dai 200.000 scienziati greci emigrati all'estero, tra cui 12.000 medici, i cui studi sono stati pagati dallo stato greco, come molto altro. Dobbiamo capire, quindi, e devono capirlo anche i nostri amici tedeschi, quanto sinora hanno guadagnato, e che il popolo greco non è scialacquatore e neanche fannullone. Come noi greci, d’altra parte, dobbiamo cercare di evitare di collegare la critica, secondo me giusta, alle politiche della Germania che per noi sono nocive, con le caratteristiche del popolo tedesco. Un popolo molto produttivo e con una grande cultura, con il quale dobbiamo mantenere e sviluppare rapporti di amicizia.
Due mesi dopo la vittoria di Syriza alle elezioni legislative greche, quale crede sia la reale libertà di azione, per un governo di sinistra come quello greco, nel contesto europeo?
Devo dire che il popolo greco sostiene il governo, perché ha capito verso quale direzione vanno le sue prime mosse ed ha compreso che sta opponendo resistenza e vuole una vera trattativa. Ha superato e sta aiutando il popolo greco a superare il sentimento di umiliazione. Nei giorni scorsi sono stato in Cina e parlavo con il mio omologo cinese ed i suoi collaboratori dei sentimenti di umiliazione che ha vissuto la Cina dal 1839 al 1948, nel cosiddetto “Secolo dell’umiliazione”e di quelli che ha provato la Grecia nei cinque anni appena passati. Credo che tutti gli europei abbiano compreso che Syriza non costituisce una parentesi, che non può essere strangolato nel giro di pochi giorni - come qualcuno si illudeva di fare - e quindi l’Europa deve saper coesistere con una politica ed una visione differente, che tra alcuni mesi credo che diventerà prevalente anche in una serie di altri paesi.
Quanto la preoccupa la situazione in Libia e l’avanzata dell’Isis, visto che la Grecia, come l’Italia, è uno dei paesi più esposti?
Il mio paese si trova all'interno di un “triangolo di instabilità”, ed intendo i confini tra Russia e Ucraina, la Libia ed il Medio Oriente. La Grecia è caratterizzata da stabilità e da qui partono dei messaggi, delle “onde di stabilizzazione”, anche se deboli, verso tutte le zone di questo triangolo, mentre dai suoi lati viene esercitata pressione perché la destabilizzazione si espanda a tutto il triangolo. I nostri amici, quindi, dovranno mostrare maggiore saggezza, visto che - come è stato compreso molto bene oltreoceano - è nell’interesse della comunità internazionale che la Grecia eserciti un’influenza stabilizzatrice su questo triangolo, invece di venire anch’essa destabilizzata. Devo dire che quando ho preso parte alla prima riunione dei ministri degli esteri, il 29 gennaio scorso, ho visto che l’unica preoccupazione era rappresentata dall’Ucraina. Era la tredicesima riunione in cui si parlava di questo e in tutto sono state quindici. In quel momento non ci si occupava dei problemi della destabilizzazione del Sud. Credo di aver dato il mio contributo personale in questo senso, malgrado ci siano stati attacchi anche di media italiani, che non vogliono leggere con attenzione quello che dico, anche se sono solito essere molto attento e parlare di rado. Abbiamo sottolineato il pericolo per la stabilità proveniente da Sud, per l’Europa, far vedere il problema dei jihadisti ed ho sottolineato in una riunione svoltasi a Parigi che la differenza tra Nord e Sud è che il problema della destabilizzazione del Nord, a causa della frattura creatasi un Ucraina continua ad essere un problema di politica estera, mentre il problema della destabilizzazione del triangolo che le ho descritto, per un verso non costituisce soltanto un problema di politica estera, ma anche di politica interna. E lo dimostrano anche gli attacchi terroristici a Bruxelles, Parigi e Copenhagen.
Lei ha comunque smentito di aver mai dichiarato di essere intenzionato ad aprire le frontiere e mandare nel resto d’Europa aspiranti terroristi, come avevano riportato alcuni organi di stampa europei…
Si tratta, infatti, di affermazioni false e ridicole. Io ho detto un’altra cosa. Ho fatto un’analisi e ho detto che se continuiamo a destabilizzare una zona che va dai confini della Russia con l’Ucraina, i Balcani occidentali, il Medio Oriente, l’Africa del Nord ed in futuro paesi come la Grecia, i risultati saranno molto negativi. Perché se verrà destabilizzata tutta quest’area, si dovrà affrontare spostamenti di milioni di migranti. Questa è una cosa diversa dal dire che sono intenzionato io a mandarceli. Nella mia analisi mostravo per quale motivo dobbiamo stabilizzare tutta questa zona, affinché non ci possano essere conseguenze negative per l’Unione europea. Ho detto che dobbiamo lavorare per la stabilizzazione, perché, altrimenti, avremo milioni di migranti, che non potranno essere assorbiti dall’Europa. Ed ho molti dubbi e preoccupazioni sul come i jihadisti potrebbero prendere parte a queste ondate migratorie. Dalla Siria, con la sua guerra civile, sono arrivati già undici milioni di migranti, nessuno lo può contestare. Come non si può contestare che dalla Libia ci sia un movimento di migranti verso l’Italia. E come anche è incontestabile il fatto che gli attacchi terroristici a Bruxelles, Parigi e Copenhagen hanno avuto origine da jihadisti che erano tornati da questi fronti. È ridicolo dire che se una persona registra un problema, è anche all'origine del problema stesso.
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