ΤΑ ΚΕΛΛΙΑ ΤΗΣ ΤΗΝΟΥ

ΤΑ ΚΕΛΛΙΑ ΤΗΣ ΤΗΝΟΥ
Και στα Κελλιά με χρώματα άσπρα και ήλιο μεθούν

lunedì 30 maggio 2016

Noi con Luigi de Magistris, uno dei nostri



Noi con Luigi de Magistris 
Ha ridato dignità alla politica.

Ha la fiducia dei napoletani e la stima dei greci di Napoli.
Ha reso la città patrimonio comune dei cittadini napoletani.
E’ un’occasione per Napoli.
Luigi de Magistris è il sindaco che si merita questa nostra città.

Con lui a Palazzo San Giacomo e in mezzo alla gente, Napoli è diventata una città cosmopolita e inclusiva, una città che ha un peso nella politica italiana ed europea.
Luigi de Magistris è il nostro sindaco.

Fieri di sostenere Luigi de Magistris, membro onorario della Comunità Ellenica di Napoli e Campania.

Luigi de Magistris è sceso in piazza per la Grecia tantissime volte, organizzando presidi di solidarietà con il popolo greco.

Sta al nostro fianco in tutte le nostre iniziative. In questi ultimi anni siamo riusciti a recuperare e valorizzare grazie alla sua amministrazione la memoria storica della presenza dei greci a Napoli negli ultimi 500 anni.
Luigi è uno dei nostri, Luigi è membro onorario della nostra Comunità.

Dobbiamo dare un forte messaggio a Roma e all’Europa domenica prossima.

Si governa una città o una nazione solo con il consenso della popolazione cercando di venire incontro ai bisogni della gente.
Luigi de Magistris è un’occasione non solo per Napoli e l’Italia, ma per l’Europa stessa che deve ritrovare la sua strada.

Con de Magistris rafforziamo il cambiamento in atto.

Indietro non si torna.

I greci di Napoli intendono rafforzare questo cambiamento con la lista Napoli in comune.
Appuntamento per la chiusura della campagna elettorale con Apostolopoulou Konstantina detta Dina, capolista di Napoli in Comune a Sinistra

1 giugno 2016, ore 16.30,
Casa della sinistra in via Ferdinando del Carretto 24

Intervengono: Carlo Giordano, Ciro Boriello, Paul Kyprianou, Sotiris Papadimitriou, Jannis Korinthios e il gruppo musicale Xenitià.


Paola Mastrocola: È nell’importanza del difficile che dovremmo ricominciare a credere.



LETTERATURA
Contro la scuola facile
Paola Mastrocola



Si parla molto di latino e greco, oggi. Se ne parla perché le iscrizioni al liceo classico sono in calo, e perché si sta pensando di cambiare la seconda prova di maturità, la traduzione.
C’è stato un «processo al Liceo classico», a Torino; un convegno al Politecnico di Milano; c’è un libro di Nicola Gardini sulla bellezza del latino; ci sono articoli, blog sul tema. Sono intervenuti personaggi della politica e della cultura, a favore o contro: Umberto Eco, Maurizio Bettini, Luigi Berlinguer, Federico Condello, Luciano Canfora,Luca Serianni (vedi il suo intervento su Domenica della settimana scorsa, ndr), e tanti altri. Insomma, c’è subbuglio, polemica, toni accesi.
Sono contenta. Anzi, vorrei di più. Vorrei che si scatenasse l’inferno su questo tema, perché riguarda tutti noi, la cultura, l’Italia, il futuro del mondo, e del pensiero. Non vorrei lo si considerasse un problemino marginale che riguarda soltanto il latino e greco, e i licei...
Per questo, oggi non saranno Paginette, ma un unico paginone.
Il punto è questo: nessuno dice esplicitamente di voler abolire il liceo classico, né il latino allo scientifico; ma molti dicono di voler cambiare (ridimensionare?) la seconda prova agli esami di maturità: la traduzione.
La proposta innovativa è di ridurre il testo da tradurre, e non chiederne più solo una mera traduzione, ma fare anche domande sul contesto, la storia, la letteratura, l’autore, la sua opera, le sue idee. Il fine dichiarato è di rendere più affascinanti materie ostiche, e mediamente poco amate, come il latino e greco, fare in modo che il loro studio appassioni i ragazzi dell’era digitale.
Il problema esiste, non si può negare. Bisogna affrontarlo. E non credo che tenere tutto com’è sia una buona soluzione, qualcosa davvero dovrà cambiare.
Io non ho la soluzione, ovviamente. Vorrei solo che tutti quanti ci interrogassimo, che pensassimo bene a cosa fare. Tutti quanti, non solo insegnanti, governanti, funzionari ministeriali, ma anche medici, ingegneri, panettieri, elettricisti, attori, artisti, ciclisti, clown, infermieri, tassisti, archeologi, scenografi, giornalisti... Tutti.
Temo che, se passasse questa variante, sarebbe un ulteriore abbassamento di livello, per l’istruzione italiana. E uno snaturamento del liceo classico. Sarebbe ancora una volta edulcorare, annacquare, infiorare, indorare la pillola, per corrispondere alle richieste della maggioranza, adeguarsi, acchiappar consenso.
Perché dico questo? Proviamo a immaginare. Davanti a un testo di Orazio, chiederemo all’allievo non di tradurlo, non di sapere grammatica e sintassi, ma di capirlo e interpretarlo, e “parlarne intorno”. Pazienza se non riconoscerà una finale, se sbaglierà una consecutio o non vedrà certi nessi consequenziali (beceri tecnicismi?); l’importante è che colga il senso generale, lo inquadri in un contesto e dica quel che pensa. Carino, niente da dire. Molto fascinoso, sicuramente allettante: meno fatica, meno rigore, meno «esattezza», più apertura (forse) agli aspetti della civiltà, della cultura, del pensiero, in senso ampio. Ma avrei due considerazioni da fare.
La prima è: lo facciamo già! Facciamo «autori» e «letteratura» nei licei, non solo grammatica, non solo traduzione. Abbiamo un programma che prevede proprio questo: di leggere testi anche già tradotti, integrali o in antologia, di inquadrarli, di parlarne a tutto campo. A ciò molti insegnanti aggiungono, per passione, di fare anche teatro, dai testi antichi. E abbiamo prove che interrogano l’allievo su questo, anche alla maturità: all’orale e con le domande della cosiddetta «terza prova» si dà spazio proprio a quel che l’allievo ha studiato e ha amato.
La seconda: non sarebbe un ulteriore invito al pressapochismo, alla chiacchiera? Se accanto alla traduzione di un passo facciamo anche le domandine sul carpe diem, ovvio che la prova diventa più facile: un discorsetto sulla transitorietà della vita umana lo butta giù chiunque abbia mediamente leggiucchiato qualche pagina o videata, o orecchiato qualche sprazzo di lezione. (Se poi saranno le solite domandine, lo spettro della scuola-test incombe e mi fa paura...).
Perché voler intorbidare le acque adamantine di una prova chiarissima e semplice che richiede solo di saper tradurre? Che c’è di male? Con la traduzione si chiede di mettere in atto quelle capacità linguistico-logico-letterarie-culturali... che sono basilari e imprescindibili per capire e interpretare ciò che si legge. Tutto lì. Gli alati discorsi vengano dopo. Anche perché rischiano di essere aria fritta. In quanto poi alla passione, be’, difficile appassionarsi a Orazio senza capire cosa dice, senza saperlo tradurre.
Se facilitiamo o riduciamo la traduzione, temo che a breve non sapremo più leggere Orazio, e ci ridurremo a poter frequentare solo i riassuntini di Wikipedia e fare solo discorsi generali (e superficiali) su Orazio. Alati discorsi, appunto.
La traduzione dal latino e greco è una delle ultime cose difficili che son rimaste nella scuola italiana, insieme alla matematica. Quindi il calo di iscrizioni al classico non potrebbe voler dire che i ragazzi oggi, tout simplement, sono meno in grado di fare cose difficili? E come potrebbe piacerci questo? I risultati, è vero, non sono brillanti. Pochissimi arrivano a saper davvero tradurre. Quindi edulcoriamo? E, in prospettiva, aboliremo? Non mi sembra una soluzione. È come quando vediamo alzarsi i livelli di inquinamento nelle città e, invece di rendere l’aria più salubre, abbassiamo la soglia di pericolo. Strano modo di risolvere i problemi... Allo stesso modo, c’è un calo di iscrizioni al classico? Bene, allora alleggeriamo latino e greco?
Non potremmo fare esattamente il contrario, e cioè potenziare e approfondire, e rendere tutti capaci di tradurre? (Anche perché è colpa nostra se i ragazzi sono sempre meno capaci di tradurre, e in generale di far cose difficili, è colpa della scuola che abbiamo costruito noi per loro negli ultimi anni, quindi sarebbe doveroso e onesto riparare una buona volta i danni che abbiamo arrecato, e non aggiungerne di nuovi!).
Potremmo rendere latino e greco obbligatori fin dalla prima media. Potremmo ritenerli indispensabili e basilari a qualsiasi formazione. Almeno il latino, se non il greco. Ripristinare la prova di traduzione anche allo scientifico. Aumentare le ore di latino (o almeno riportarle a com’erano). Riproporre la traduzione dall’italiano. Innalzare il livello, per tutti, insomma. Rendere liceo classico tutta la scuola, cioè la scuola di massa.
Potremmo anche prevedere delle certificazioni con le quali soltanto si può accedere a certe università, e si ottengono certi lavori. Lo ha fatto la Cusl (Consulta universitaria per gli studi latini): un certificato che attesta la conoscenza del latino, con quattro diversi livelli di competenza (anche se applicare al latino i criteri delle lingue moderne può lasciar perplessi...). Un certificato allegabile al curriculum, visto che ci sono aziende, soprattutto all’estero, che apprezzano molto la conoscenza del latino, e la richiedono.
Ma bisogna crederci. Bisogna credere che fare latino e greco, quindi fare la traduzione, abbia ancora un senso. E perché non crederci? Quel che vedo io è che chi viene dal liceo, se ha fatto un buon liceo!, sa affrontare meglio gli esami più difficili nelle Facoltà più difficili. Chi ha fatto altre scuole invece arranca, e spesso deve abbandonare perché quegli esami non li passa. Questo non ci dice niente? (O non ci piace?).
Ecco che cosa mi preoccupa: l’attuale deficit di motivazione nostra, di noi adulti, insegnanti, scrittori, intellettuali, politici, governanti, famiglie. Perché crediamo così poco nel greco e nel latino? Forse perché l’Europa, e l’America, fanno un altro tipo di scuola (che peraltro sta fallendo)? E se fossero invece proprio il latino e il greco a fare la nostra differenza, e la nostra eccellenza? Perché dovremmo rinunciarci, equiparandoci pedissequamente, e conformisticamente, agli altri? Non potremmo essere più orgogliosi e consapevoli, e auspicare che siano gli altri a imitare noi?
O è per compiacere l’utenza, cioè famiglie e allievi, che vogliono una scuola facile e divertente? E se sbagliasse, questa benedetta «utenza»
Abbiamo già reso facile e divertente la scuola. Da quarant’anni, e soprattutto negli ultimi quindici, non facciamo altro: il latino ai licei è già più facile e leggero. Anzi, è stato talmente annacquato che è ormai impossibile insegnarlo davvero. Questa è la verità, gravissima, che non si dice mai: il latino è una finzione che si tira avanti nella più completa ipocrisia. Non si fa più alle medie, si comincia in prima liceo con tre ore a settimana: impossibile insegnarlo, e quindi impararlo, per davvero. Impossibile arrivare a saper tradurre Cicerone, Seneca o Virgilio. Ma si continua a fare. È peggio che se fosse stato abolito: è finto. A parte lo strenuo impegno e ardore di qualche sparuto insegnante che, a dispetto degli orari ridotti e di tutto il resto, cerca ancora di insegnarlo come si deve, ma alla fine può ben poco. Quanti oggi, tra insegnanti e allievi, sanno ancora veramente il latino?
Ecco perché, forse, si pensa di cambiare la seconda prova di maturità: per avvenuta insipienza collettiva. È amaro, lo so. Ma ancora più amaro è che, siccome non abbiamo (ancora) il coraggio di abolire il latino, lo spegniamo a poco a poco, gli togliamo aria, e, cosa ancor più grave, neghiamo di farlo.
Questo mi fa male. Preferirei che l’Italia avesse il coraggio delle sue azioni, che i governanti, gli intellettuali, gli insegnanti, i funzionari ministeriali dicessero apertamente: scusate italiani, ci dispiace, non siamo più in grado di fare latino. Siamo un Paese che è andato così. Il latino non lo studiamo più, nessuno più ne ha voglia e dunque vada con Dio. Ci dispiace esser noi a doverci prendere questa responsabilità, di far fuori dopo tremila anni il latino e il greco, ma pazienza, qualcuno lo deve pur fare. D’altronde, è roba difficile e sa di vecchio: un futuro ben diverso ci aspetta e ci sorride. Il mondo attuale, la tecnologia, l’innovazione, il progresso, e bla bla...
Preferirei. Così come, in fondo, preferisco le parole, sconcertanti ma coraggiose, di Luigi Berlinguer al convegno di un mesetto fa al Politecnico di Milano: la traduzione al liceo va abolita! Almeno ha coraggio, l’ex ministro Berlinguer. Tanto di cappello. (D’altronde, non aveva forse già abolito il tema, quindici anni fa? Dando un colpo mortale, secondo me, alla prova di scrittura...).
Va bene. Se davvero non crediamo più che latino e greco siano le sole e migliori attività che allenano la mente, che insegnano una strutturazione logica del pensiero e via dicendo, d’accordo, sostituiamoli! Ma con cosa? Quali proposte stiamo facendo? Io non ne vedo una, sento solo parole vacue e confuse. Aria fritta. Che cosa di altrettanto impegnativo e difficile siamo in grado di proporre, se decidiamo di abolire o alleggerire la traduzione?
Ho il sospetto che, semplicemente, vogliamo far fuori la difficoltà.
Temo che il mondo si avvii a puntare quasi esclusivamente sul consenso, e stia diventando una gigantesca, universale macchina per produrre consenso. Lo vediamo nella rete, ma lo vediamo anche qui in Italia nella politica, e nella cultura: nella fattispecie, in quella particolare zona della cultura che si occupa di scuola. Dal ministero di Luigi Berlinguer in poi la scuola cerca consenso, cioè utenza, cioè iscritti. È un’azienda che deve far quadrare i conti. L’acchiappa-utenza è una macchina che gira tutto l’anno in tutte le scuole, e gioca su: orientamento, accoglienza, progetti Pof, incontri, dépliant. Materiale illustrativo e pubblicitario, insomma.
Siamo sicuri che l’utenza vada così vezzeggiata e opportunisticamente ossequiata?
È nell’importanza del difficile che dovremmo ricominciare a credere. Soltanto una scuola che abbia il coraggio di tener duro e continui a proporre cose difficili fa il bene dei nostri giovani, tutti, di qualsiasi condizione siano: consentirà loro quell’ascesa, intellettuale e sociale, che oggi non vediamo più realizzarsi, ma che fino a ieri, fino alla mia generazione, era possibile. E riusciva a cambiare drasticamente il destino di una persona.

29 MAGGIO 2016

Centro di Studi Classici "GrecoLatinoVivo": Il latino fa bene a tutti, il greco .... a molti!!!

Pubblicato il 19 nov 2015
Nasce a Firenze il Centro di Studi Classici "GrecoLatinoVivo".
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www.grecolatinovivo.it
www.grecolatinovivo.wordpress.com

domenica 29 maggio 2016

Για να τα θυμόμαστε, εμείς οι Κελλιανοί.

Το λεωφορείο του Ν΄κολάκα (;) επιστρέφοντας από τα Κελλιά για τη Χώρα, 
λίγο πριν τη στάση στον Καρκάδο.
Τέλος δεκαετίας 1950 ή αρχές δεκαετίας 1960.
Χωματόδρομος ακόμα.
Η ΔΕΗ δεν μας είχε ανακαλύψει.
Κι ο γαϊδουράκος πάντα μαζί στη δουλειά.
Κι εμείς, πιτσιρίκια τότε και με κοντά παντελόνια, το περιμέναμε στ΄Καρβαζή να κάνει στάση.
Και μετά παρακολουθούσαμε με το στόμμα ανοικτό
το άναμμα της μηχανής με την μανουβέλα.
Άλλοι καιροί!

Ο Δήμος Ηρακλείου με απόφασή του στηρίζει και συμμετέχει μαζί με την ΚΕΔΕ στην πρωτοβουλία της ΟΕΚΑΙ για την καθιέρωση της Παγκόσμιας Ημέρας Ελληνικής Γλώσσας




Το Δημοτικό Συμβούλιο Καστοριάς με απόφασή του στηρίζει και συμμετέχει μαζί με την ΚΕΔΕ στην πρωτοβουλία της ΟΕΚΑΙ για την καθιέρωση της Παγκόσμιας Ημέρας Ελληνικής Γλώσσας





Το Δημοτικό Συμβούλιο του Δήμου Βάρης Βούλας Βουλιαγμένης, με ομόφωνη απόφαση του στηρίζει και συμμετέχει στην πρωτοβουλία της Ομοσπονδίας Ελληνικών Κοινοτήτων και Αδελφοτήτων Ιταλίας (ΟΕΚΑΙ) και της Κεντρικής Ένωσης Δήμων Ελλάδας, για την καθιέρωση “Παγκόσμιας Ημέρας Ελληνικής Γλώσσας και Παιδείας”




Ο Δήμος ΙΑΣΜΟΥ στηρίζει μαζί με την ΚΕΔΕ την πρόταση της ΟΕΚΑΙ για την καθιέρωση της Παγκόσμιας Ημέρας Ελληνικής Γλώσσας



Το Δημοτικό Συμβούλιο του Δήμου Προσοτσάνης, με ΟΜΟΦΩΝΗ απόφαση του την 116/2016 στηρίζει και συμμετέχει στην πρωτοβουλία της Ομοσπονδίας Ελληνικών Κοινοτήτων και Αδελφοτήτων Ιταλίας (ΟΕΚΑΙ) και της Κεντρικής Ένωσης Δήμων Ελλάδας (ΚΕΔΕ), για την καθιέρωση «Παγκόσμιας ημέρας Ελληνικής Γλώσσας και Παιδείας»



Ο Δήμος Καλαμπάκας στο πλευρό της ΟΕΚΑΙ και της ΚΕΔΕ για την καθιέρωση της Ημέρας της Ελληνικής Γλώσσας και του Ελληνικού Πολιτισμού




La prima colonia greca d΄ Οccidente celebra la Giornata Mondiale della Lingua e della Cultura Ellenica: A Pithekoussai si festeggia con la Società Filellenica Italiana il 20 Maggio

A Pithekoussai si festeggia il 20 Maggio


http://filellenica.blogspot.it/2016/05/a-pithecusae-si-festeggia-il-20-maggio.html








Carrellata di immagini di una giornata diversa nel museo di 
Villa Arbusto a Lacco Ameno (Isola d'Ischia)

Il manifesto che annuncia l'iniziativa della Società Filellenica Italiana

L'archeologo Michela Angrisani presenta la Società Filellenica Italiana e illustra il significato della 
Giornata Mondiale della Lingua e della Cultura Ellenica 

Problemi tecnici di proiezione...

Il giovane filelleno Armando Esposito legge Seferis


"Appartengo ad un piccolo paese. Un promontorio roccioso nel Mediterraneo, niente lo contraddistingue se non gli sforzi della sua gente, il mare e la luce del sole. E' un piccolo paese, ma la sua tradizione è immensa ed è stata tramandata nel corso dei secoli senza interruzione. La lingua greca non ha mai cessato di essere parlata. E' passata attraverso tutti quei cambiamenti attraverso cui passano le cose viventi, ma non c'è mai stata una frattura. Questa tradizione è caratterizzata dall'amore per l'umano; la giustizia è la sua norma..." 

L'archeologo Francesco Castagna, socio della Filellenica, inizia la visita guidata ai reperti pithekoussani ...

I visitatori ammirano la "Coppa di Nestore": uno dei più antichi esempi al mondo di terracotta con epigrafe alfabetica, databile nell'ultimo quarto dell'VIII secolo a.C. 

Prosegue la visita guidata 

Si conclude la celebrazione del 20 maggio nel Museo Archeologico di Pithekoussai

sabato 28 maggio 2016

Marco GALDI, Il 20 maggio 2016, una giornata storica per l'Ellenismo e il Filellenismo.

La Cultura Ellenica celebrata a Napoli

La giornata Mondiale della Lingua e Cultura Ellenica:
20 Maggio 2016 a Napoli 

Immagini sparse di un evento indimenticabile


In un angolo recondito della Basilia di San Giovanni Maggiore, la lapide che ricorda, secondo la tradizione,
 la Sirena Partenope ...



Il Prof. Jannis Korinthios, ideatore della Giornata Mondiale della Lingua e Cultura Ellenica, interviene durante la Maratona letteraria "Il Greco fa testo"



Saluto del Sindaco De Magistris alla Manifestazione


Il più giovane iscritto della Società Filellenica, Carmine Nastri, fra i protagonisti della Maratona letteraria 

Licei napoletani protagonisti di una grande mattinata di cultura ellenica

Altre immagini della Maratona letteraria

Il  tavolo della presidenza, in attesa che inizi la tavola rotonda sui Licei classici italiani patrimonio immateriale dell'Umanità: fra i relatori l'Assessore alla cultura di Napoli Nino Daniele, il Direttore Scientifico della Società Filellenica Italiana Jolanda Capriglione, il Direttore dell'Accademia di Belle Arti Prof.  Giuseppe Gaeta, il Presidente delle Comunità e Confraternite Elleniche in Italia Dott.ssa Olga Nassis e la Parlamentare greca Chrysoula Katsavria-Sioropoulou. Ha concluso i lavori il Presidente della Comunità Ellenica di Napoli dott. Paul Kiprianou. 

Il Presidente della Società Filellenica, Prof. Marco Galdi, mentre modera il dibattito nell'Aula Magna dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli.

Altre immagini della Maratona letteraria 



Conclusione della serata al Teatro dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, con il gruppo Xenitià di Roberto Trenca
http://filellenica.blogspot.it/2016/05/la-cultura-ellenica-celebrata-napoli.html

giovedì 26 maggio 2016

Federico Giordano, Omaggio all'Ellade

"Omaggio all'Ellade"
di FEDERICO GIORDANO, 
V A  Liceo Classico Statale Umberto – Napoli



Grecia, culla della terra 


antica Madre di gesta di grandi eroi. 

Lacrime del Pelide bagnano le pietre 

di secoli passati. 
Il tuo seno affonda le sue curve 
nelle acque sporche del mare Nostro. 
Concepitrice di scudi insanguinati efestei 
lascia che noi, tuoi figli e debitori,
difendiamo le tue mura
e che le navi dei Barbari ignobili distruttori della storia 
affondino, per sorreggere il tuo corpo mutilato in superficie. 
Elio, occhio caldo e lontano, illuminerà le labbra dei tuoi aedi stanchi, 
le mura di Atene, pianto dei tuoi popoli. 
Non sarà questo, Ellade il tuo ultimo viaggio nell'oblio. 
Prima donna al mondo l'uomo antico poetando 
risorgerà dal tristo anonimato.



 L'intervento di Antonio e la lirica di Federico hanno impreziosito il dibattito pomeridiano di venerdì scorso durante la tavola rotonda all'Accademia di Belle Arti di Napoli. 

Intervento di Antonio Matacena, V A - Liceo Umberto di Napoli, al dibatitto tenutosi nell'Aula Magna dell'Accademia di Belle Arti per la “Prima Giornata Mondiale della Lingua e della Cultura Greca” Napoli 20 maggio 2016







"Non sono mai stato in Grecia.

Spesso provo ad immaginarla, con le sue coste frastagliate e gli imponenti monti, teatro della classicità che ogni giorno affronto tra i banchi di scuola. Ma i nostri banchi, le nostre aule e le stesse pagine che ci parlano della raffinata patria della cultura Occidentale sono, di fatto, troppo lontane dal tempo che oggi sconvolge il paese.
Oggi la culla della formazione e partecipazione politica che fu d’Antifonte, o dell’emancipata filosofia dell’homomensura, o di altri innumerevoli meriti appare isolata, passivamente, da “Mura” insuperabili, come descrive Kavafis in una celebre lirica.

Ho scelto il liceo classico forse per passione, forse per antipatia verso la matematica. Ma ad ogni modo, torna utile rammentare delle cifre emblematiche per l’attualità greca.

Se una tassa sul reddito del 29% e un ulteriore aumento del 20% sui contributi sociali non bastano, se l’odiata “enfia”, tassa immobiliare, ancora non rende un’idea nemmeno se accorpata alle riforme dell’8 maggio 2016 per sbloccare un piano di salvataggio europeo di vecchia data, se persino l’esorbitante debito interno che supera i 200 miliardi è accompagnato da uno estero di oltre 300 miliardi, se tutto ciò sembra in qualche modo astratto o non del tutto comprensibile, basti pensare che la Germania, nel primo dopoguerra, si ritrovò debitrice di 132 miliardi di marchi in oro, notevolmente ridotti dagli accordi presi a Londra nel ’53.  
Una cifra nettamente inferiore, eppure alla Grecia non è stato necessario intraprendere in prima persona una Guerra Mondiale.
Gli organi incaricati di gestire la crisi della nazione ellenica sono la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea, il Meccanismo Europeo di stabilità e fondo monetario internazionale… l’aggettivo Europeo torna di frequente: ma a chi l’Europa deve il proprio nome?

Eccomi tornato sulle idealizzate coste Greche, dove posso scorgere una fanciulla avvicinata da un bellissimo toro bianco. Dietro le fattezze della possente bestia si cela Zeus, infatuato della giovane e bellissima ragazza il cui volto è visibile in controluce su qualunque banconota della nostra filigrana europea: ella si chiama, appunto, Europa, la “ben irrigata” o “dall’ampio sguardo”.

E subirà le voglie del Dio, e il padre Agenore manderà i fratelli a cercarla, e quelli a loro volta fonderanno nobili stirpi, senza mai ritrovarla. 
E allora, probabilmente, tocca a noi ritrovare la perduta Europa, e la sua identità, che è anche quella di tutti noi, figli della classicità. 

E il luogo più adatto dove ricominciare questa ricerca è proprio il Liceo Classico, scommessa dei tempi odierni improntati ad una crescente logica pragmatica e alla meccanicizzazione della società. Dunque non è più sufficiente considerare il Classico secondo il luogo comune che lo definisce sede dell’apertura mentale, bensì bisogna ricostruirlo partendo, possibilmente da un’apertura al dialogo tra la figura del docente e il corpo studentesco, dal momento che, in primis, è questa fondamentale impostazione a mancare. 

Non mancano i dibattiti più tecnici come quello intrapreso da Bettini circa l’assetto da restituire all’esame di traduzione per la maturità classica, che non rende perfettamente una contestualizzazione della versione, ma l’elemento centrale che si evince è l’effettiva consapevolezza della classicità che lo studente riesce ad assumere dopo 5 anni di formazione, che oggigiorno non è perfettamente formata né matura. Urge quindi una dialettica che faccia confluire una passione sincera nei giovani classicisti, che sarebbero in tal caso anche spronati a coltivarla autonomamente, e non un’autoritaria e sterile imposizione nozionistica.

Non sono mai stato in Grecia, come dicevo prima, forse perché in questi tristi anni 2000 dicono che sia “pericoloso”, che si respiri, più che un clima di crisi, di profonda sfiducia.

Ma è proprio mentre l’Europa dimentica Schengen, che siamo chiamati tutti, in prima persona, a rispondere al grido d’aiuto della bella fanciulla “dall’ampio sguardo”. 
Personalmente ritengo che l’iniziativa per cui ci riuniamo oggi sia di gran significato, e la proposta che vuole fiorire è ancor più nobile: restituire riconoscenza alle lingue classiche, identificandole come patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. 
È un ottimo punto di partenza per rispecchiare una necessità identitaria Mediterranea, Europea ed Occidentale e che sosteniamo in un secolo caratterizzato dalle dinamiche dei flussi migratori come stessimo “Aspettando i barbari”; barbari che probabilmente, per citare ancora Kavafis, erano una soluzione. Una soluzione per avvicinarci alla reale comprensione delle origini della nostra identità, che affondano le radici tra il mar Egeo e Ionio, dai litorali del Peloponneso fino alle insenature della Magna Grecia, in un’antica nazione in cui non sono mai stato, ma che oggi, in questa circostanza, posso sentire più vicina".



Νενικήκαμεν (Nenikèkamen) : "Abbiamo vinto"! 

(Fu il grido di Fidippide per annunciare la vittoria dei Greci sui Persiani nella battaglia di Maratona, 490 a. C.)

Non mi illudo certo che la battaglia per la Resistenza della Cultura Classica come un organismo in continuo divenire, come ponte sul futuro, come dialogo aperto tra antico e presente, sia già vinta o sia vicina all'essere vinta, come il perfetto risultativo con cui ho esordito indicherebbe. Da un lato i decisori politici intendono decretarne la fine ritenendola inutile, sorpassata e addirittura nociva, perché insegna a pensare criticamente, a generare intelligenza profonda della realtà e a usare il LOGOS (pensiero e parola). E allora basta sconquassarne l'impianto senza proporre valide alternative di vera riforma, basta cancellare la prova di traduzione dal greco e dal latino per rimpiazzarla con "quizzoni" e con un'infarinatura di cultura e civiltà, come si fa per le lingue straniere alle scuole medie. Basta dare il contentino. Senza rinunciare alla "Facilità" o all'"Aiutino", divinità incantatrici e ingannatrici. Dall'altro lato è paradossalmente proprio all'interno dei licei classici che comincia la (in)sofferenza della Classicità. Comincia quando la si vuole imbalsamare e presentare come un fossile da preservare perché "pezzo da museo", quando la si vuole idealizzare come qualcosa di distante e irraggiungibile, come un titolo di vanto, un blasone di nobiltà, un linguaggio per pochi eletti "unti del Signore". Quando, considerando come fine il raggiungimento di un sapere tecnico, la si riduce a spiriti aspri e dolci, declinazioni, classi verbali, e tutto ciò che la rende, agli occhi di giovani, potenzialmente avidi di conoscenza e di sapere, arido e vecchio ciarpame. O peggio, quando la si tormenta con false e fuorvianti quanto irritanti attualizzazioni e banalizzazioni. 

Ma sicuramente l'aver visto sfilare tanti giovani studenti dei Licei Classici della Campania, venerdì 20 maggio scorso, nella Maratona della letteratura greca, nella splendida Basilica di San Giovanni Maggiore, sorta, ci piace crederlo, sul mitico sepolcro della Sirena Partenope, giovani appassionati e talentuosi che si sono cimentati nella non facile lettura drammatizzata, in lingua originale e in traduzione, di testi di autori greci antichi e moderni, ebbene, questo sì che mi fa gridare con gioia: "Abbiamo vinto!" 


ANGELA IANNUZZI, Liceo Umberto I, Napoli